SAN LEOPOLDO MANDIC… UNO DI NOI
Moltissimi nostri giovani concittadini si saranno chiesti che legami abbiamo noi con San Leopoldo Mandic, il santo della misericordia di Dio e nel 1983 sollevato agli onori degli altari da Papa Giovanni Paolo II, visto che abbiamo un quartiere ed una parrocchia dedicati a San Leopoldo Mandic.
In realtà i legami sono fortissimi e per questo dobbiamo sentirlo come un nostro grande benefattore.
San Leopoldo Mandic in realtà non si chiama Leopoldo, nasce nel 1866 a Castelnuovo di Cattaro come 15° di sedici figli e viene battezzato da una famiglia cattolica croata con il nome di Bogdan Ivan Mandic. Il paese di nascita all’epoca non è Italia, ma Impero Austro Ungarico e quindi Bogdan Ivan Mandic è cittadino austrungarico. Al suo paese però c’è una casa dei frati cappuccini della provincia veneta, che lì c’erano dal 1600, ossia prima che arrivasse l’impero asburgico. Frequentando l’ambiente, il piccolo Bogdan manifestò il desiderio di entrare anche lui nella famiglia francescana. Fu allora mandato in un seminario a Udine e poi a 18 anni fu inviato al Noviziato dei Frati Francescani a Bassano del Grappa dove ricevette l’abito francescano ed il suo nuovo nome divenne fra Leopoldo. Studiò filosofia e teologia a Padova e a Venezia e lì, nella Basilica della Salute, divenne sacerdote ad opera del grande cardinale Domenico Agostini. Continuò a studiare però anche le lingue slave, il greco moderno perché pensava di essere inviato ad attività missionarie dalle sue parti e coltivava il sogno di avviare un dialogo fecondo con la chiesa ortodossa. Ma il suo sogno svanì subito perché scoppiò la prima guerra mondiale e lui come cittadino austriaco che non aveva mutato cittadinanza fu inviato al confino in diversi conventi del Sud Italia perché sorvegliato di polizia.
Finita la Guerra mondiale padre Leopoldo fu mandato definitivamente a Padova. Di salute cagionevole, piccolissimo , anemico, con evidenti difetti di pronuncia, più che italiano parlava il dialetto veneto triestino, una vocina esile padre Leopoldo non era adatto alla predicazione, alla missione, anche se il carattere non era certo remissivo e nemmeno era adatto alla questua, che allora i frati Cappuccni praticavano con continuità. Però questo fraticello piccolino si fece subito notare per le sue doti di umanità, che sapeva esprimere nel confessionale. Sebbene il suo italiano fosse zoppicante, la preparazione teologica e filosofica era raffinata e la sua osservazione dei fedeli e della loro coscienza era fenomenale. Al suo confessionale accorsero rapidamente non solo popolani e semianalfabeti ma professori universitari, professionisti, intellettuali, nobiltà ed anche elementi di spicco del clero come sacerdoti e parroci. Andare a confessarsi da padre Leopoldo era diventato il sogno di ogni padovano. La missione di padre Leopoldo che lui aveva immaginato in oriente, tra i croati o i greci o gli altri popoli slavi in realtà divenne Padova.
E lui aveva una parola buona per tutti, non era mai banale e si accorgeva se il penitente era sincero. A diversi che avevano taciuto durante la confessione fatti gravi della loro vita disse loro:
«Perché la cosa più importante che ti turba non me la dici».
E se questo faceva ancora finta di non capire gli diceva: «Tranquillo ti aiuto io, Ti dico io cosa ti turba e cosa ti preoccupa. Dio è medico ed anche la medicina di tutti mali e quindi anche dei tuoi».
E gli snocciolava i fatti importanti della sua vita mai rivelati prima e che aveva taciuto per timore, lo rimproverava ma poi gli consegnava un messaggio di speranza.
Un nostro concittadino Angelo Marzotto in quegli anni si legò da profonda amicizia con padre Leopoldo tanto da diventarne assiduo frequentatore, suo penitente e confidente. Angelo Marzotto proviene dalla grande famiglia patriarcale dei Marzotto, che abitavano a Pozzoveggiani nel Palazzo ancora esistente dei Marzotto, che lavoravano un grosso appezzamento di terreno con stalla ed un’aia meravigliosa. Una famiglia molto benestante per il tempo. Angelo chiese a padre Leopoldo consigli su tutte le circostanze più importanti della sua vita. Che studi intraprendere, sul suo matrimonio ecc.
Dal 1919 al 1923 Padre Leopoldo rimase al Convento di Santa Croce occupandosi solo del confessionale e nel 1923 il superiore provinciale provò anche una rotazione mandandolo nel convento di Pola per iniziare una missione verso i paesi balcanici. Ma già dopo una settimana il celebre vescovo mons Elia Dalla Costa era costretto a chiedere a furor di popolo al superiore provinciale della provincia francescana il ritorno a Padova di Padre Leopoldo e già a Natale del 1923 padre Leopoldo ritorna e da qui non si allontanerà più.
Padre Leopoldo era di salute cagionevole soffriva di varie malattie croniche, aveva un’artrite alle mani ed un’ulcera gastrica, che lo rendeva anemico e debole. All’epoca l’ulcera gastrica veniva curata con scarsità di farmaci ed in caso di emorragia con interventi chirurgici e trasfusioni.
La trasfusione allora non si poteva effettuare come ora con il sangue conservato e doveva avvenire direttamente dal donatore al ricevente immediatamente. Ma era un’attività complicata e macchinosa. Quando si seppe che Angelo Marzotto aveva il sangue compatibile con quello di padre Leopoldo allora fu contentissimo di poter donare il suo sangue a colui che considerava già un santo ed il legame tra i due divenne ancora più forte.
Dal 1940 la salute di padre Leopoldo andava sempre più a peggiorare ma lui non si risparmiava. Passava tutto il suo tempo nel confessionale. Nel 1942 in piena guerra padre Leopoldo morì ed i funerali si svolsero non nel convento dei Cappuccini perché troppo piccolo ma nella Chiesa dei Servi in via Roma.
Non so se per disposizione testamentaria o per preciso volere di padre Leopoldo i suoi miseri averi andarono dopo la sua morte ad Angelo Marzotto il quale li conservò per anni nella sua casa di Roncaglia organizzando anche una piccola esposizione. Io stesso li ho visti esposti in apposite bacheche chiuse da un vetro. C’erano i suoi sandali, il saio tutto logoro, alcuni libri in latino consumatissimi, altri libri in serbo croato, il cordone, dei guanti marrone tutti bucati. In breve la notizia della presenza delle reliquie di padre Leopoldo si sparse e la casa di Angelo Marzotto era meta continua di visite.
Angelo raccontava a mio papà, che pur aveva conosciuto padre Leopoldo, che prima della guerra padre Leopoldo gli predisse che l’Italia sarebbe finita in un bagno di sangue e che addirittura anche il convento di Santa Croce sarebbe stato distrutto dalla guerra. Cose che effettivamente avvennero. Il 14 maggio 1944 il convento dei cappuccini fu distrutto da un terribile bombardamento si salvò solo la statua della Madonna cui padre Leopoldo era molto devoto.
Grande fu quindi la gioia a Roncaglia quando nel 1976 papa Paolo VI beatificò Padre Leopoldo e probabilmente questo fu il motivo per il quale quando venne istituita una nuova parrocchia a Ponte San Nicolò la si volle dedicare al Beato Leopoldo Mandic. Continuando così consapevolmente o inconsapevolmente la tradizione dei santi patroni delle nostre parrocchie che sono tutti di origine orientale.