Si chiamava Veronica Franco ed era talmente bella da essere data “in dono”, per una notte, al futuro re di Francia Enrico III di Valois, di passaggio a Venezia nel 1574. A quell’epoca le donne come lei, colte ed avvenenti, erano dette “cortigiane” o “favorite”, contese dai ricchi e dai nobili che amavano frequentare i loro salotti o “casini”, dove si giocava a carte, si ascoltava musica da camera, si tenevano dissertazioni letterarie e ci si concedeva pure qualche altra distrazione meno…filosofica. Oggi si chiamerebbero “escort” d’alto bordo.
Le altre, le plebee, erano semplicemente “le carampane”, dal nome della dimora della ricca famiglia Ca’ Rampani dove erano state in certo qual modo ghettizzate, in un quartiere a luci rosse, come si direbbe oggi, fatto di “case chiuse” solo per loro ed i loro clienti, E una di queste case di tolleranza si trovava proprio sopra al ponte delle “Tette” nel quartiere di S. Polo e pare che l’usanza di allettare i passanti mettendo in mostra i seni scoperti fosse una vera e propria imposizione del governo alle meretrici al fine di “distogliere con siffatto incentivo gli uomini dal peccare contro natura”.
Non potevano però abbordare i clienti nei periodi sacri di Natale, Quaresima e Pasqua, pena 15 frustate; e neanche potevano frequentare le osterie o recarsi in centro città se non di sabato, per le minute spese, ma indossando un vistoso fazzoletto giallo al collo come segno di riconoscimento. Da notare che il termine “carampana” si è tramandato a lungo nei secoli tanto che lo usava pure mia madre per significare una donna brutta e dai facili costumi. Nonostante tutte queste restrizioni, però, la prostituzione non era poi così malvista dal governo della Repubblica, anzi, si ripagava da sola con un commercio più che florido e con delle entrate più che sicure per le casse della Serenissima. Secondo un censimento del 1509, riportato anche nei “Diarii” del cronista dell’epoca Marin Sanudo, se ne contavano ben 11.164 di queste donne facili in città, circa il 10% della popolazione veneziana. Un male necessario, quindi, ben tollerato e fruttuoso, visto che il giro d’affari che con esso si muoveva incrementava a dismisura i flussi turistici di mezza Europa, oltre che raddoppiare il fascino di una Venezia magica e libertina.
Nel 1565, all’età di 20 anni, Veronica Franco la troviamo inserita nel Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia, un elenco dettagliato che forniva nome, indirizzo e tariffe del mestiere più antico del mondo, come si usava per qualsiasi altra registrazione d’impresa. Per questo, come vi dicevo, era molto più facile essere cortigiane a Venezia che nel resto d’ Europa, invidiate soprattutto dalle nobildonne per la libertà di cui esse godevano e per le importanti amicizie che potevano assicurarsi. Facevano storia i loro abiti elegantissimi e le loro “mises” avvenenti, così come le loro chiome biondo-rossastre, il famoso rosso Tiziano o biondo veneziano.
Una risposta.
Venezia era avanti si sa!