
In questo mese di aprile ricorrono gli 80 anni dalla Liberazione! Ricordiamoci che essa è frutto del sacrificio e della lotta di migliaia di giovani che si sono immolati per la Patria, per liberarla dai tanti …ismi…(fascismi, nazismi, comunismi, nazionalismi, revanscismi) che l’avevano tenuta soggiogata, illusa da falsi miti di conquista e di gloria che l’hanno portata alla più completa rovina, come ben dimostra il racconto che segue (uno dei tanti purtroppo).
Il giorno 4 febbraio 1944, presso la Baia di Souda (Creta – Grecia – Mar Egeo) furono imbarcati nel piroscafo “Petrella” oltre 3100 soldati italiani prigionieri dei Tedeschi. Il “Petrella” era una nave inizialmente francese (ex “Aveyron”), acquistata dall’Italia e poi caduta in mani tedesche.
I 3100 prigionieri italiani erano colpevoli solo di una cosa: di aver tenuto fede a quel giuramento che tanto onora, ovvero al giuramento militare di fedeltà alla Patria ed al Re d’Italia!!!
Furono imbarcati il 4 febbraio in questa nave, che non era adibita al trasporto di esseri umani, in quanto era una carboniera! Avevano già sulle spalle una lunga esperienza di guerra senza mai un giorno di licenza: chi da due anni, chi da tre e chi persino da quattro anni!!! Erano già stati catturati ed imprigionati in diversi campi sparsi in tutta la Grecia o nel Dodecaneso. Avevano già l’esperienza della fame e di tanti, tantissimi stenti.
Tutti loro erano stati imprigionati per le più disparate ragioni: ad esempio, mio zio Renato Carrozza si era rifiutato di collaborare coi Tedeschi dopo l’8 settembre 1943, in quanto non volle insegnare loro né a produrre né ad usare le armi chimiche che produceva. Per questo motivo fu imprigionato prima a Lindo (Isola di Rodi), poi a Massari (Isola di Rodi), Scarpanto e nel campo “Mastambà”, nei pressi di Iraklion (Isola di Creta). Ma il peggio doveva ancora venire…I più “fortunati” furono imbarcati con un quarto di litro di acqua e ciò che restava della pagnotta loro assegnata giorni prima. Furono ammassati nelle stive. Il “Petrella” era diretto al Pireo e, da lì, la destinazione dei prigionieri italiani era la prigionia nei campi di concentramento in Polonia o Germania.
Per quattro giorni il “Petrella” non riuscì a partire, perché il Mar Egeo era letteralmente “infestato” di sottomarini inglesi. I soldati italiani, in questi maledetti quattro giorni, erano talmente stipati che non riuscivano nemmeno a muoversi: rimasero senza acqua, senza cibo e molti di loro morirono per le esalazioni delle urine e delle feci!!!
Infine, arrivò l’8 febbraio. Il “Petrella” salpò la mattina verso le ore 7:30 dalla Baia di Souda, ma dovette far ritorno infinite volte per evitare i sottomarini inglesi. Verso le ore 11:20 circa, riuscì a giungere ad un miglio circa al largo della Baia di Souda, ma emerse il sommergibile inglese “Sportsman”, che lanciò due siluri e colpì il “Petrella”, sebbene nei suoi fianchi fosse scritto ben in evidenza POW, ovvero “Prisoners Of War”!!! Lo “Sportsman” era agli ordini del Comandante Richard Gatehouse.
Miracolosamente il “Petrella” non affondò; rimase a galla e tutti i soldati si sarebbero potuti salvare, ma… Non appena i prigionieri italiani tentarono di uscire, presi dal panico, dalle stive, dove erano stati rinchiusi, i soldati tedeschi spezzarono loro le ossa coi i colpi dei calci di fucile!!!! La massa umana era enorme, quindi in tal modo non riuscirono a contenerli, per cui cominciarono a mitragliarli. Ma nemmeno in tal modo la gigantesca quantità di soldati poteva essere frenata, quindi i Tedeschi cominciarono a lanciare contro gli Italiani bombe a mano e la strage ed il massacro furono orribili!!!
Va sottolineato che ai prigionieri italiani (gli IMI, Internati Militari Italiani!!!) non erano stati consegnati i giubbotti di salvataggio. Infatti, gli IMI non erano considerati né trattati alla stessa stregua dei prigionieri di guerra. Gli IMI non avevano nemmeno il diritto di essere soccorsi dalla Croce Rossa, così come era sancito dal trattato di Ginevra del 1929!!! Gli IMI dovevano solo morire!!!
Il sommergibile “Sportsman” riemerse, lanciò altri siluri e stavolta colpì le caldaie del “Petrella”, che esplose, spezzandosi in due tronconi. Si inabissò nel giro di pochi istanti. Le motovedette tedesche, che scortavano il “Petrella”, si allontanarono in tutta fretta per evitare il risucchio. Dopo che il “Petrella” si era inabissato, tornarono indietro sia le motovedette che altre imbarcazioni tedesche e greche. Quelle greche soccorsero i pochi Italiani, che erano rimasti in acqua, ma non fecero lo stesso i Tedeschi. Questi ultimi, infatti, mitragliarono tutti gli Italiani rimasti a galla!!! In pochissimi si salvarono: di oltre 3100 prigionieri italiani solo circa 424 sopravvissero!!! Mio zio Renato Carrozza rimase a giacere in fondo al Mar Egeo insieme ad almeno altri 2669 giovani!!! Io ho conosciuto Leontino Barlocco di Bormida (Savona), che fu tra i pochissimi a sopravvivere miracolosamente e mi ha raccontato tutto. Ho svolto tante ricerche, che confermano questa versione. Ora anche il carissimo Leontino è andato a trovare i suoi compagni del “Petrella” l’8 marzo 2019.
La tragedia del “Petrella” è la seconda più grande e grave di tutta la storia del Mar Mediterraneo. Il 12 febbraio 1944, ovvero quattro giorni dopo, fu la volta del naufragio del piroscafo “Oria”, che con i suoi 4050 morti ( bisogna sottolineare che furono almeno 4050, perché questa è la cifra che si conosce, ma non si può escludere che fossero ancor di più!!!) rappresenta la tragedia più grande in assoluto di tutta la storia del Mar Mediterraneo.
(Tratto dal libro “Lettere da Rodi” di Fabio Capitanucci)

