1254-1324
Ricorrono quest’anno i 700 anni dalla morte di Marco Polo, avvenuta nella sua mai dimenticata Venezia il 9 gennaio del 1324, sestiere di Cannaregio.
Conosciuto e stimato in tutto il mondo come un grande esploratore e come il più famoso dei reporter, ci ha lasciato il resoconto dei suoi viaggi in un libro-diario che ha del favoloso, diventato presto un autentico bestseller. Infatti, nella sfortuna di essere finito in una prigione genovese dopo la sconfitta veneziana nella battaglia di Curzola (1298), ebbe la ventura di poter dettare al suo compagno di cella Rustichello da Pisa gran parte dei suoi ricordi e dei suoi viaggi effettuati in giro per l’Asia in più di vent’anni. Viaggi e ricordi che sono ancor oggi fonte di ammirazione e motivo di ispirazione per commemorazioni, ambascerie e contatti privilegiati fra Occidente ed Oriente, come ad esempio la rinnovata “via della seta”. Una via che, in verità, era già nota fin dall’antichità ancor prima di Alessandro Magno e dei Romani ma che nel Medioevo ritornò agli onori della cronaca proprio per le imprese dei Polo: del padre Niccolò, dello zio Matteo e del giovane Marco partito con loro non ancora ventenne. Originariamente questo suo libro-diario dettato in prigione non portava come titolo “Il Milione” bensì più semplicemente “Le divisament dou monde” cioè “La descrizione del mondo”. Di quel mondo dell’Estremo Oriente allora del tutto sconosciuto da noi occidentali, che poco o nulla sapevamo dell’immenso impero mongolo fondato dal grande Gengis Khan, poi governato dal nipote Kubilai Khan che prese in simpatia il giovane Marco tanto da farlo suo ambasciatore in molte regioni del suo regno. Va ricordato che a quell’epoca erano i Mongoli che governavano i Cinesi e non viceversa, a partire dall’immensità delle steppe euroasiatiche fino alla Cina di oggi, il mitico Catai che Colombo tanto cercò nei suoi viaggi portandosi dietro apposta anche il libro di Marco Polo.
Ma, direte, perché fu denominato “Il Milione”? Forse per i racconti delle ricchezze milionarie viste in quelle terre, così ricche di oro, di sete, di gemme e pietre preziose? Potrebbe essere, ma molti propendono per una spiegazione molto più semplice. I Polo, infatti, come si usa ancora oggi a Chioggia, avevano come soprannome di famiglia “Milion” dal nome di un loro antenato Emilione, ed ecco quindi spiegato l’arcano. Ma veniamo alla sua descrizione.
Leggenda metropolitana vuole che, mentre Marco dettava a voce alta le sue peripezie a Rustichello stando appoggiato alla finestra della prigione, la gente che passava per strada si fermasse incantata ad ascoltare le sue incredibili storie. E sfido io! Raccontava di aver visto coi suoi occhi nientemeno che le tombe dei Re Magi ancora intatti con le loro lunghe barbe, e poi di un olio nero e di una pietra nera che bruciavano in continuazione (il petrolio e il carbone), di una polvere che uccideva all’istante (la polvere da sparo), di una stampa a caratteri mobili (i libri), di un ago che segnava sempre il Nord (la bussola), di monete di carta che circolavano (con l’oro del Khan come garanzia) e così via, tutti ritrovati e invenzioni che scopriremo in Europa solo secoli dopo.
I Polo rimasero lontano da Venezia per ben 24 anni, dal 1271 al 1295, carichi di onori e di benefici alla corte del Gran Khan che non voleva lasciarli partire. Un’eternità! Ma era ora di tornare a casa e il permesso venne accordato con la scusa di accompagnare a nozze una principessa promessa sposa ad un lontano re dell’Iran. E il bello è che quando furono nei pressi di Rialto bussarono alla porta del loro palazzo a Ca’ Milion come se niente fosse, proprio come se il tempo si fosse fermato. E alla serva, interdetta, che chiedeva chi fossero quegli eccentrici viandanti dalle lunghe barbe e dagli strani abiti orientali essi risposero tranquillamente: “Apri! Semo i Paroni! “. Divertente no?