Maggio, mese dei fiori per eccellenza: delle rose, dei gerani e dei tulipani. La parola “tulipano” viene dalla lingua turca: tülbent, turbante, per la sua forma a cappello ed è dalla Turchia che per la prima volta sono stati esportati questi fiori. Fu su una delle navi che attraversavano i mari da Oriente a Occidente che un giorno, intorno al 1560, sbarcarono nelle terre d’Olanda e fu subito sorpresa. Stupore, meraviglia per quel bulbo simile a una cipolla capace di fare un fiore così bello, così colorato e resistente per cui tutti se ne innamorarono e fecero subito a gara per averne. Nel giro di qualche anno i giardini olandesi iniziarono a riempirsi di tulipani e la richiesta continuò a salire vertiginosamente: tulipani da modulare come uno spartito nelle aiuole coloratissime, tulipani da trasformare in bouquet, tulipani da regalare alle signore o da lasciare in tavola come decorazione. Insomma, era scoppiata la “tulipanomania” e non c’era persona che non volesse un bel tulipano colorato, sinonimo di prestigio e di ricchezza tanto da diventare persino moneta di scambio. Si, avete capito bene, i bulbi di questo fiore arrivarono ad essere ritenuti degli investimenti sicuri! Con i bulbi di tulipano si potevano scambiare merci, animali o addirittura, nel momento di massima fortuna, case e terreni. Un bulbo pregiato poteva valere quanto quattro buoi grassi. Uno sproposito.
Ma, siamo nel 1620, la continua moltiplicazione della loro domanda portò ad un circolo vizioso: più se ne chiedevano e più i prezzi continuavano a crescere fino a raggiungere cifre impossibili. Secondo i documenti dell’epoca un bulbo arrivò a valere oltre 200 fiorini (il reddito medio annuo di un lavoratore ammontava a circa 150 fiorini ). Proprio nel 1635 venne pagata la cifra più alta mai sborsata prima d’ora per un bulbo di tulipano: centomila fiorini per 40 bulbi, 2500 fiorini per ogni bulbo. Una cifra enorme se pensiamo che con cento fiorini si poteva comprare una tonnellata di burro. Insomma, avete capito, regalare un tulipano nel XVI secolo equivaleva regalare una fortuna, così come farci sopra un investimento.
La cosa durò circa un secolo, poi qualcuno si ricordò che con un bue si mangia, coi tulipani no.
La cifra massima era stata raggiunta e il mercato crollò. I commercianti di tulipani iniziarono a vendere e poi a… svendere. E questo portò a un calo improvviso dei prezzi, le quotazioni crollarono mandando sul lastrico numerosi investitori.
All’improvviso nessuno sembrò più volere tulipani, la follia lentamente iniziò a regredire, ci si svegliò da un brutto sogno e la sensazione fu quella di uscire come da un incantesimo. Un bel giorno (anzi un brutto giorno) fu sufficiente che ad Haarlem un’asta di bulbi andasse deserta e la febbre del tulipano si tramutò in panico: era scoppiata la bolla speculativa! E oggi, a buon diritto, essa viene considerata il primo grande crack finanziario della storia, originato da un comportamento di massa guidato dalla diffusa credenza del facile arricchimento.
Cosa puntualmente avvenuta anche nel 2008 con l’ultimo grande crack finanziario che conosciamo, quello della bancarotta della banca d’affari statunitense Lehman Brothers, per la faciloneria con cui essa concedeva mutui senza le dovute garanzie, di dimensioni tali da comportare una crisi a livello mondiale.
Piccola nota curiosa: