Gli Italiani, e noi Veneti in particolare, siamo maestri nello storpiare le parole straniere e addomesticarle a nostro uso e consumo. Ricordate le monete austriache che circolavano nel Lombardo-Veneto? Le monetine degli spiccioli portavano la scritta: scheidemunzene noi, leggendone solo la prima parte, li abbiamo trasformati in…schei! Un po’ come il saluto veneziano s-ciao, derivato dal latino sclavus (schiavo, servo) e diventato l’internazionale ciao.
Così i contadini tedeschi, i lands knecht, letteralmente servi della terra, sono diventati i temuti Lanzichenecchi, quelli che per sfuggire alla fame e alla miseria si arruolavano come mercenari a servizio dei vari Stati europei in guerra, fino ad arrivare a compiere il famigerato sacco di Roma nel 1527.
E come mai, ci chiediamo, tanto sfregio alla città eterna, operato addirittura da un re cattolico come Carlo V di Spagna?
Perché Francia e Spagna erano venuti ai ferri corti per contendersi l’egemonia sull’Italia, e il Papa di allora, Clemente VII dei Medici, invece di porsi come paciere fra i due re cattolici, temendo l’espandersi degli Spagnoli sui territori della Chiesa, appoggiò i Francesi di Francesco I, facendosi promotore della famosa Lega Santa di Cognac, assieme a Veneziani e Fiorentini.
Non l’avesse mai fatto!
Carlo V lasciò apposta senza paga i dodicimila Lanzichenecchi che aveva arruolato per il suo esercito, tutti luterani per giunta, dando loro facoltà di “ripagarsi” assediando nientemeno che la città eterna. Sembrava un’impresa impossibile e invece…le mura e le porte della città furono scavalcate e si spalancò l’inferno. Il saccheggio vero e proprio durò otto giorni, al termine dei quali Roma rimase però lo stesso occupata per mesi dalle truppe mercenarie straniere che cercarono in tutti i modi di sfruttare la situazione esigendo riscatti ingenti per i prigionieri.
Furono profanate chiese e conventi, violentate le donne, uccisi circa 20.000 cittadini, 10.000 fuggirono, 30.000 morirono in seguito alla peste portata dagli stessi Lanzi. Il papa, che durante l’assalto stava in preghiera in San Pietro, fu condotto in salvo attraverso il “passetto”, lo stretto passaggio sopraelevato sulle mura che congiungono il Vaticano a Castel Sant’Angelo, mentre 189 Guardie Svizzere, anch’esse mercenarie ma fedeli al papa, si fecero trucidare per difendere la sua fuga. Di qui la nascita delle odierne guardie svizzere, il più piccolo e variopinto esercito del mondo che continua a proteggere il Papa nei suoi spostamenti.
Esattamente un secolo dopo, nel 1629, ancora truppe tedesche di Lanzi dirette all’assedio di Mantova, nell’attraversare la Lombardia porteranno a Milano la famosa peste di manzoniana memoria, con i suoi untori, i suoi monatti, i suoi lazzaretti, le sue carestie, le sue “gride” o pubbliche ordinanze che molto spesso andavano proclamate a vuoto.
A Venezia si farà voto alla Madonna della Salute e ne nascerà quella splendida basilica che tutti conosciamo, mentre a Padova verrà innalzato, di fianco al Duomo, l’Arco Valaresso in onore del capitano della città che tanto si era prodigato per debellare il terribile morbo. Alvise Valaresso, con metodi drastici ma efficaci, impose la quarantena ai malati, riformò i lazzaretti, spostò i cimiteri fuori le mura e i risultati non tardarono venire, tanto che nel 1632 la pestilenza in città poteva dirsi pressoché debellata. Alla faccia di quelli che, allora come adesso, non volevano saperne di riforme e quarantene.
A Milano, la pagina più dolorosa e poetica dei “Promessi Sposi” sarà quella della madre di Cecilia che, dopo aver consegnato al carro dei monatti la sua prima figlia morta di peste, “che altro poté fare, se non posar sul letto l’unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte le erbe del prato”.
Descrizione terribile, poetica e drammatica insieme che, nella crudezza delle immagini, tanto ci ricorda, oggi, la straziante sequenza di camion carichi di bare apparsa in TV durante la prima ondata di pandemia da covid, proveniente proprio da quegli stessi territori del Milanese e della Bergamasca descritti dal Manzoni due secoli fa.