Con raquanti cagnati frequentavo al pomeriggio il bar osteria con il campo da gioco delle bocce, che allora si trovava al centro di Rio e che ora non esiste più. Il bar era un vero e proprio centro di aggregazione con il biliardo, il flipper, i tavoli per giocare a carte, a dama, a scacchi ed il calcetto, che fra l’altro piaceva anche molto.
Vi è stato un breve periodo nel quale la barista del pomeriggio era una misteriosa signora o signorina sulla quarantina, che per i suoi modi eleganti ma decisi chiamavamo la Maestrina e veniva da fuori.
Con la Maestrina si doveva sempre e solo “rigare dritti” perché era severissima. Con lei presente non si poteva urlare giocando a calcetto, disturbare gli avventori del bar con schiamazzi, vietatissimo il turpiloquio, guai al mondo se ad un ragazzo o anche ad un uomo scappava una parolaccia. Si arrabbiava moltissimo e ti mandava via immediatamente senza esitazioni.
L’osteria non era mai stata considerata il massimo in termini di educazione e di rispetto perché spesso vi erano ubriachi, molestatori, fannulloni, ed i ragazzi non ricevevano certo una bella istruzione o un bell’esempio da questi individui, e le donne come le ragazze non ci mettevano per questo piede. Ma con la nostra maestrina di cui ho dimenticato il nome, ma non il viso, con la severità ed i suoi modi, questi pericoli erano ridotti.
Noi ragazzi non ci azzardavamo nemmeno a chiedere vino, liquori, birra ecc. perché ci avrebbe guardato come la tigre guarda il coniglietto. Figuriamoci il resto! C’era qualche ragazzo, che iniziava a fumare, ma lei non lo incoraggiava assolutamente ed anzi lo scoraggiava al massimo, anche se l’osteria vendeva le sigarette. Non voleva vedere fumare, non voleva sentire odore di fumo in giro. Gli ambienti erano anche piccolini e se uno cominciava a fumare il fumo avrebbe invaso tutta la sala e lei questo non lo tollerava.
Potevamo vedere la TV dei ragazzi al pomeriggio, ma ci consideravamo grandi ed in pratica tranne rarissime eccezioni la Tv non la guardava nessuno.
Con lei si giocava ordinatamente a biliardo, a biliardino, si beveva spuma bianca e spuma nera, aranciata, il chinotto, la cedrata e d’estate si mangiava il dupion, le cipolle con il peperone, la moeca, i pevarini ecc. ma il tutto ordinatamente.
Ricordo che un giorno mentre stavamo giocando a calcetto una pallina entrò appena lanciata in buca senza essere stata giocata ed allora sorsero immediatamente delle contestazioni se fosse gol o meno, ad un ragazzo, nella concitazione scappò una parolaccia. Lei stava lavando dei bicchieri dietro il banco e senza dire nulla prese un cucchiaino e glielo lanciò in testa a quello che aveva appena detto la parolaccia. Il quale accusò il colpo grattandosi la testa ed urlando per il dolore. La Maestrina gli disse allora:
«La prossima volta che ti sento ti arriva un piatto – e poi agli altri – ed a voi vi chiudo il calcetto e vi caccio tutti».
Fu così decisa che i ragazzi proseguirono a giocare in silenzio!
Avevamo notato poi che la Maestrina non solo non dava confidenza a nessuno ma nemmeno stringeva la mano e poi non bisognava nemmeno toccarla o sfiorala casualmente. Era ossessionata dall’igiene e lavava tutto con la varechina.
Chi non la conosceva ci stava anche male sul momento. Capitava che il casuale frequentatore del bar faceva il gesto di darle la mano per salutare, ma da dietro il bancone la mano non arrivava per cui chi immediatamente, chi con calma ritirava il braccio con perplessità. Lei era fatta così! E poi pulizia maniacale di tutto. Tutto doveva essere in ordinae e pulito, niente bicchieri o tazze sporche, tavoli e tovaglie in disordine. Chi sporcava doveva immediatamente pulire e senza tante esitazioni.
Le poche ragazze o signore che si avventuravano in bar a prendere un gelato venivano congedate in fretta perché la Maestrina non gradiva nemmeno la presenza femminile. Qualcuna restava anche un po’ perplessa perché l’oste in genere invita a restare e non ad andare, ma la Maestrina non era un oste all’evidenza.
La sorpresa fu però molto forte quando uno di noi ragazzi ottenne da un adulto la soffiata che la Maestrina alla sera non era al bar ma aveva altre frequentazioni.
Ci organizzammo allora con i motorini ed una sera d’estate facemmo un giro delle piazze a Padova. Non ci volle molto perché arrivati a Piazzale Boschetti davanti alla allora stazione degli autobus, da lontano notammo la nostra Maestrina che passeggiava ben vestita, gonna corta e con una bella borsa al fianco.
Ci avvicinammo piano piano e con il cuore in gola perché il posto era alquanto malfamato e rientrava nel famoso “giro del latte” che i perditempo o quelli che cercavano avventure facili a pagamento erano soliti fare.
Lei ci vide arrivare pian piano e subito si arrabbiò moltissimo.
«Andate via di qua immediatamente perché qui non c’è nulla da imparare! – ci disse – Qui sono tutti porsei e non si può imparare nulla di buono. Andate a casa!»
Uno più coraggioso le disse: «Invece c’è molto da imparare! – lei si arrabbiò ancora di più e gli disse – Te quando mi vieni a tiro ti spacco la testa! E voi non avete nulla ma proprio nulla da imparare».
Detto questo ci invitò ad andarcene immediatamente perché altrimenti avrebbe “fermato la volante” disse.
Ce ne andammo in fila indiana con i motorini e tutti furono molto colpiti dal vedere la Maestrina in quel posto, la pensavamo molto più coerente nella sua severità.
Dopo quell’incontro cambiò orari, non si fece più vedere in bar al pomeriggio e dopo poco girò la voce che si fosse traferita e non la vedemmo più. Ma di tanto in tanto al pomeriggio ritornava in bar a salutarci all’improvviso, voleva sapere cosa faceva questo, cosa faceva quello, voleva soprattutto che i suoi ragazzi rigassero sempre dritto. Come predicatore in effetti non era male.