La leggenda della legione romana finita in Cina
Che le legioni romane siano state leggendarie nei secoli è dato appurato. Esse erano composte ognuna da almeno cinquemila uomini tra fanteria e cavalleria, armati di lancia e spada, difesi da scudo, elmo e corazza. Durante le guerre puniche contro Annibale si arrivò a contarne fino a 23, alla morte di Giulio Cesare erano 37, mentre al termine delle guerre civili tra Marco Antonio e Ottaviano arrivarono fino a 60, un esercito immenso per quei tempi, disciplinato e compatto.
Ma perché una legione romana sarebbe finita in Cina? Questa è la domanda che ogni tanto riemerge sui giornali e sui media anche ai giorni nostri, incuriosendo gli appassionati di storia e non solo. Tutto accadde molti secoli fa, esattamente nel 53 a.C., allorquando Crasso subì una cocente sconfitta nella guerra contro l’impero dei Parti. Crasso era uomo ricchissimo a Roma, membro del primo triunvirato assieme a Cesare e a Pompeo, e per guadagnarsi prestigio e popolarità nei confronti degli altri due voleva ottenere una grande vittoria militare, dimostrandosi anche come generale e grande stratega. L’occasione gli si presentò nella guerra per la successione al trono dell’impero dei Parti, l’odierno Iran, sostenendo la candidatura di Mitridate contro il fratello Orode. Partì dunque alla volta della Siria con ben sette legioni ma nel deserto le truppe avanzavano lentamente e già durante la marcia i Parti, invece di accettare uno scontro campale, preferivano attaccare coi loro arcieri a cavallo colpendo a distanza, infliggendo al nemico gravi perdite. Quando poi finalmente si decisero a dare battaglia le legioni romane erano talmente esauste dal lungo peregrinare nel deserto che furono in breve tempo annientate tanto che, alla fine degli scontri, si contarono da parte romana ben ventimila morti e diecimila prigionieri.
Ecco, i prigionieri, che fine avranno fatto?
Allora come oggi era in uso portarli a marce forzate il più lontano possibile dalle zone di guerra, verso i confini orientali nel nostro caso, per evitare ogni velleità di fuga e impiegarli poi in lavori di fortificazione o come truppe ausiliarie. Ed è quello che si presume sia successo ai nostri sfortunati soldati romani, per secoli svaniti nel nulla.
Fino a quando nel 1955 un sinologo americano di nome Dubs affermò di avere scoperto negli Annali della dinastia cinese Han (206 a.C. – 220 d.C) il racconto di una battaglia di confine in cui il nemico aveva fatto uso di una formazione a testuggine, con gli scudi accostati. In quella occasione i Cinesi vi fecero circa duecento prigionieri che spostarono verso l’interno ancora più a Oriente, in una località che fu chiamata Li-Jen – odierna Zheilaizhai, vicino a Langzhou, sulla Via della Seta. Il bello è che in cinese il nome Li-Jen suona come legione ed è pure il nome che i cinesi usavano per indicare la città di Roma. Coincidenze? Certo non tutti gli storici sono concordi su questa versione un po’ romanzata anche se resta il fatto che alcuni tratti somatici di quella popolazione, occhi azzurri e capelli biondi, fanno tanto pensare a quei legionari romani di origine gallica fatti prigionieri più di venti secoli fa. Visitando oggi Zhielazhai vi troveremo varie statue romane e templi fatti edificare in tutta fretta dalle autorità locali che hanno intuito il lato commerciale della storia per attirare quanti più turisti possibile.