Ponte San Nicolò, Roncaglia, Rio, Roncajette, Salboro, Pozzovegiani, Volta sono tutte località della prima periferia di Padova, che nel dopoguerra dal 1950 in poi sono cresciute molto sia come abitanti e sia come ricchezza ed il segreto di tale crescita demografica e sociale, anche grazie all’immigrazione, si chiama lavoro.
La periferia cittadina è riuscita, dopo gli anni tristi dei due conflitti mondiali a mettere insieme una varietà di attività lavorative prevalentemente autonome, che hanno fatto la fortuna di questi luoghi e del Veneto in generale. Vi era l’agricoltura estensiva che si è via via trasformata in agricoltura di qualità con gli orti, la frutta ed i prodotti della campagna. La vicinanza alla città permetteva uno sbocco immediato delle produzioni agricole. Gli ortaggi si portavano in piassa e si vendevano bene. Polli e conigli si vendevano al gainaro, le uova all’ovaroeo, il grano al munaro, il latte si vendeva al lataroeo.
Il lataroeo che ho conosciuto io era un vero gentiluomo di campagna. Parlava solo a bassa voce. Con il suo carrettino e poi con il motocarro passava al mattino prestissimo per le case che avevano le mucche a raccogliere il latte e poi finito il giro portava il latte in città e lo vendeva alle sue “poste “. Ossia famiglie, convitti, ristoranti ecc. che glielo avevano ordinato. Era molto raro che, finito il giro giornaliero, gli avanzasse del latte e se gli avanzava lo portava in una piccola bottega ove veniva trasformato in formaggio fresco che noi chiamavamo formagea o in butiro ossia burro.
La raccolta del latte al mattino seguiva un preciso rituale. Il contadino portava in corte o sul ponte i secchi del latte possibilmente ancora caldo perché appena munto ed il lataroeo lo travasava su un recipiente graduato con un galleggiante per misurare i litri. Poi si segnavano le quantità giornaliere su un libretto nero che puzzava come una capra e si salutava di fretta a riprendere il giro. El lataroeo non poteva perdere tempo al mattino perché aveva tutte le sue poste da visitare e doveva portare il latte in città per le prime colazioni del mattino. Alla fine del mese poi si facevano i conti ed il lataroeo pagava.
Come ogni lavoro anche la raccolta del latte aveva i suoi segreti. El lataroeo che ho conosciuto io seppure a bassa voce sempre senza perdere la sua signorilità nel breve volgere del travaso dal secchio al misuratore e poi dal misuratore al bidone con il tappo che si chiamava burcio sapeva anche valutare la qualità del latte. Gli ho sentito dire più volte : l’è ciaro sto late non voria che te lo gavessi batizà”. Come tutti sanno si battezza con l’acqua e battezzare il latte voleva dire aggiungere dell’acqua al latte per farne aumentare il volume, ma si trattava chiaramente di una frode. El lataroeo però se ne accorgeva e se aveva dei sospetti estraeva un bicchierino di latte dal secchio gli infilava un bastoncino e da come galleggiava il bastoncino capiva se il latte era stato o meno allungato con acqua. C’è da dire però che il latte delle mucche non è sempre uguale. Dipende molto dalla stagione e da cosa mangiano. Durante l’estate la produzione aumenta ma il latte è più bianco e meno grasso in inverno invece, con il grande freddo, la produzione diminuisce ma il latte è più denso e risulta più giallo. Se le mucche mangiano fieno il latte sarà più aromatico, se mangiano farina o insilato di mais sarà meno aromatico, se mangiano la treba ossia le trebbie di scarto della birreria sarà acido ecc.
El lataroeo che ho conosciuto io trovava anche il tempo per fare il volontariato del tempo ossia il Fabrisiere in Parrocchia e l’Assessore in Comune. Lui che era sempre di corsa veniva interpellato dai suoi contadini che gli vendevano il latte su tutti gli affari più importanti di casa. Tipo vendere o comprare delle mucche, ampliare la stalla, il lavoro dei figli, il matrimonio delle figlie. Spesso gli chiedevano anche qualche anticipo sulle vendite future per fare un qualche affare ed allora il lataroeo si trasformava anche in banchiere. Appena si era sparsa la voce però non solo i contadini ma anche il piccolo artigianello chiedeva il prestito al lataroeo per comprare una macchina indispensabile nel lavoro o una partita di legname, di ferro ecc. Mia mamma per esempio prima di sposarsi ed anche dopo sposata faceva la magliaia ed aveva delle macchine eccezionali comprate in Germania segnalatele dal suo unico fratello che grazie alla conoscenza del tedesco era riuscito a portare a casa la pelle scappando più volte da Dachau come soldato internato in Germania. Non vorrei che anche lei avesse chiesto un prestito al lataroeo per comprarsi le macchine da magleieria.
Ma come tutte le belle storie anche per il lataroeo gentiluomo, banchiere dei poveri, consulente gratuito che ho cosciuto io il progresso tecnico gli distrusse il giro del late e gli fece cambiare lavoro. Nei primissimi anni 70 anche per la nostra zona entrò in vigore il divieto di vendita del latte sfuso che non avesse subito il processo di pastorizzazione. Il latte bovino anche se veniva bollito prima del consumo poteva infatti trasmettere la tubercolosi bovina anche all’uomo.
El lataroeo dopo l’editto continuò per qualche anno a raccogliere il latte portandolo alla centrale del latte e vendere poi le bottiglie di latte sigillate al consumatore ma la crescita del commercio, della moderna distribuzione, dell’arrivo del latte che durava più giorni finì il mestiere per i lataroi e molti della nostra zona diventarono casoini. E così nasce una nuova storia. La storia dei casoini .
Ma in osteria per molto tempo si continuò e forse si continua forse anche oggi a dire : “Gheto fato el giro del late “ per dire hai fatto le ore piccole e sei tornato a casa al mattino.
Leone Barison