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Ambasciator non porta pena: il bailo veneziano

Statua di Niccolò Tron in Prato

L’attuale ambasciatore d’Italia in Turchia ha, come sua residenza a Istanbul, l’antico “Palazzo Venezia” dove dalla metà del ‘500 risiedevano i nostri Baili, gli ambasciatori della Serenissima. Un palazzo molto bello quindi, e molto veneziano con leoni in pietra e busti di Dogi, punto di riferimento per i commerci col Levante ed i rapporti col Sultano.

L’edificio si trova nel quartiere di Beyoglu che in turco significa “figlio del Bey” e prende il nome dal veneziano Alvise Gritti, consigliere di Solimano il Magnifico, che colà risiedeva e che era per l’appunto figlio del Doge Andrea eletto nel 1523.

Il bailo amministrava la giustizia per i suoi concittadini, era il responsabile della comunità veneziana e la voce della Repubblica in tutti i Paesi d’Europa e del mondo allora conosciuto, ad Algeri come a Tunisi, in Egitto come in Persia, in Russia, in Ungheria ed in Turchia dove, nel corso dei secoli, si sono succeduti ben 52 ambasciatori. E proprio alla corte del sultano, non mancano le note di colore trasmesse al Senato veneziano nelle numerose informative segrete, come l’usanza di seppellire i morti senza nessun fasto particolare, o quella di vestire con la camicia fuori dai calzoni, esattamente come fanno i giovani d’oggi. E per rimarcare ancor più la differenza di comportamento con le genti del Levante scrivono che i Turchi Non vogliono passeggiare mai, anzi si burlano quando veggono cristiani a farlo e dicono che sono pazzi a camminare senza necessità”.

In Prato della Valle a Padova le statue degli ambasciatori sono sei, di cui cinque veneziani ed uno toscano, il famoso storico fiorentino Francesco Guicciardini, inviato alla corte del re Ferdinando il Cattolico di Spagna. Poi abbiamo Antonio Michiel, ambasciatore a Madrid; Giovanni Maria Memmo, pure lui ambasciatore in Spagna; Andrea Navagero, ambasciatore in Francia presso la corte di Francesco I; Marino Cavalli, bailo a Costantinopoli alla corte di Solimano il Magnifico; Nicolò Tron, ambasciatore in Inghilterra da dove importò le prime macchine a vapore che impiegò nei suoi lanifici di Schio.

La rete di ambasciatori costituiva per Venezia un preziosissimo osservatorio a tutto campo per la sua politica estera, compresa naturalmente l’Italia rinascimentale, a Roma presso i Papi, a Ferrara come a Mantova, a Milano, a Firenze, a Napoli ed in Sicilia. Allora come oggi la politica era un vero puzzle in continuo fermento dove le ambasciate costituivano la “longa manus” del potere e dell’influenza veneziana sul resto del mondo.