Era nato il 21 luglio del 1899 nell’Illinois e nel 1917, proprio come “i nostri ragazzi del ‘99” scelse di arruolarsi volontario nella prima guerra mondiale sul fronte italiano.
Tralascio di dilungarmi a raccontare vita e opere di questo scrittore famoso che troviamo in abbondanza sui testi di letteratura per lasciare a lui la parola sul suo primo soggiorno in Veneto, soggiorno che poi lo stregò per tutta la vita.
Dunque, il 9 giugno del ‘17 il giovane Ernest era già a Schio, impiegato come autista di ambulanze sul fronte italiano trasferito poi in quel di Bassano.
E proprio da Bassano, con due pennellate da scrittore in erba, scriveva ad un amico:” Certo avrei potuto tornarmene a Washington…ma tu hai mai visto, almeno una volta, sorgere il sole dal monte Grappa, o sentito nel sangue, dentro di te, il crepuscolo di giugno sulle Dolomiti? O gustato il liquore Strega a Cittadella? O camminato per le vie di Vicenza, di notte, mentre la luna ti bombardava? Sai, in guerra, oltre al combattere ci sono mille altre cose…”. Ecco, da queste poche righe di ragazzo sognatore, innamorato del Veneto si può già scoprire l’animo dello scrittore che sarà.
E più avanti negli anni, nel libro “Di là dal fiume e tra gli alberi” esprime un desiderio inusuale, ma che cela con tenera malinconia tutto il suo attaccamento a Bassano:”…Vorrei essere seppellito lassù, lungo il Brenta, dove sorgevano le grandi ville, coi prati, giardini, platani, cipressi. Conosco qualcuno che forse mi lascerebbe seppellire nelle sue terre…Non penso che sarei d’impaccio. Diventare parte del suolo dove la sera i bambini giocano, e la mattina continuerebbero forse ad allenare cavalli a saltare, e gli zoccoli calpesterebbero l’erba, le trote dello stagno affiorerebbero per carpire uno sciame di moscerini…”.
Ricordi struggenti ed emozioni profonde che lo porteranno spesso a confrontarsi con la depressione e con il tema ricorrente in tutte le sue opere: la morte.
Tornerà spesso nel “suo” Veneto che amava visceralmente, tanto che in una lettera del 1948 troviamo scritto:”Sono un vecchio fanatico del Veneto e qui lascerò il mio cuore”.
E la sera prima del tragico gesto del 2 luglio 1961 che pose fine alla sua vita con un colpo di pistola, (come del resto aveva fatto fatto suo padre medico tanti anni prima) ebbe il rimpianto e la voglia di cantare con la moglie, per l’ultima volta, la canzone degli alpini che aveva imparato a Cortina:”Tutti mi chiamano bionda, ma io bionda non sono, porto i capelli neri, porto i capelli neri…”. Davvero commovente, non vi pare?
Per chi vuole saperne di più, a villa Ca’ Erizzo a Bassano, in via Lungobrenta Hemingway, 19 c’è un museo a lui dedicato e alla grande guerra. Si trova esattamente poco lontano dal celebre ponte in legno del Palladio, sulla riva est del fiume, nella stessa splendida villa che nel 1918 fu residenza della Sezione Uno delle ambulanze della Croce Rossa Americana.
Tra le sue opere più famose non possiamo fare a meno di citarne almeno tre:
“Addio alle Armi” del 1929: una storia d’amore nata tra gli orrori della guerra e ispirata alla sua esperienza sul fronte italiano.
“Per chi suona la campana” del 1940: non chiedere mai, diceva, per chi suona la campana, essa suona anche per te.
“Il vecchio e il mare” del1951: storia di Santiago, un vecchio pescatore sfortunato alle prese con gli squali. Il suo motto:”Un uomo può essere distrutto, ma non sconfitto”.
Gli valse il premio Pulitzer nel ‘53 e poi, nel 1954 , contribuì a fargli ottenere il Premio Nobel per la Letteratura.