Si riunì la Commissione Consiliare che allora si chiamava di assistenza e beneficienza pubblica e che doveva esaminare i vari casi di persone che avevano bisogno di essere assistite economicamente dal Comune in quanto prive di mezzi di sostentamento propri.
Come al solito i casi erano numerosi e i soldi sempre molto pochi. I lavori della Commissione si dovevano svolgere in assoluto segreto perché non si sapesse chi beneficiava dell’assistenza comunale perché l’inserimento nell’elenco dei poveri era visto allora, ma anche oggi, come una condanna per colpa.
L’ultimo caso di quella seduta venne presentato dall’Assessore competente come alquanto grave. Un uomo di oltre quarant’anni senza lavoro , scolarità molto bassa, nessuna prospettiva di lavoro in quanto non aveva mai lavorato prima ed era senza reddito. In sostanza concluse l’assessore: si tratta di un barbon incallito proveniente dalla zona dei casoni e quindi non si può far nulla se non dargli qualche soldo. Una cosa sola sembrava avesse di positivo il barbone ossia la salute. Per mantenersi quest’uomo andava a raccogliere la carta ed il cartone, i metalli dalle immondizie e poi lo rivendeva alle cartiere. A suo modo era una specie di piccolo imprenditore. I servizi sociali proponevano però di assegnargli un piccolo assegno mensile di sopravvivenza perché non guadagnava. La Commissione, anche per via della stanchezza, si stava orientando per consigliare al Sindaco questa misura. Ma intervenne deciso l’allora Sindaco per dire che lui ma e poi mai avrebbe autorizzato il pagamento di un assegno mensile in favore di uno che poteva e doveva lavorare. Niente assistenza a chi poteva guadagnarsi il pane con il sudore della fronte !
Bisognava approfondire e quindi il caso fu rinviato ad una successiva riunione.
Ma il problema diventava allora quale lavoro proporre a questo che andava a rovistare tra le immondizie?
Nel frattempo il Sindaco si consultò con il Segretario Comunale, e spremendosi le meningi a vicenda, trovarono una soluzione che poteva risolvere il problema. Spendendo un po’ di più di quello che spenderemmo per l’assegno assistenziale, disse il Segretario, lo possiamo assumere alle dipendenze del Comune in qualità di manovale. Non ho mai fatto questo genere di assunzioni, disse il Segretario al Sindaco, perché in genere i nostri operai sono tutti super specializzati, ma si può fare una deroga. Mi consulto con la responsabile del personale e sarò più preciso. Studiarono il contratto degli enti Locali e scoprirono che per i manovali non era necessario per l’assunzione il concorso pubblico, ma le sole liste di collocamento ed inventarono allora un profilo per questo caso con la retribuzione più bassa possibile, in modo che non vi fosse nessuna invidia da parte degli altri dipendenti.
Il Sindaco lo convocò e vedendolo alquanto trasandato gli disse in faccia: «Caro Mario tu hai fatto domanda di assegno di mantenimento noi però ti proponiamo di fare molto meglio. Ti assumiamo alle dipendenze del Comune ed a fine mese avrai anche tu il tuo stipendio. C’è però un particolare non da poco devi lavarti, venire a lavorare, rispettare l’orario e fare quello che ti viene ordinato. Te la senti?»
«Si! – disse il poveretto e aggiunse – A mi el laoro no me fa paura!».
«Bene – disse il Sindaco – lo vedremo e allora questo posto farà proprio il caso tuo».
Il nostro neoassunto cominciò allora a lavorare per il Comune ed in primo momento fu aggregato agli operai comunali per pulire le strade ed i marciapiedi. Ma gli esordi furono disastrosi. Alla seconda settimana di lavoro il Capo Operai andò dal Dirigente del settore Lavori pubblici e gli disse: «Toglimi subito dai piedi questo fannullone, perché non solo non lavora, ma non fa lavorare neanche gli altri».
La cosa arrivò anche all’orecchio del Segretario Comunale che allora lo convocò gli fece una bella ramanzina dicendogli, che era ancora in prova e che se i risultati avessero continuato ad essere questi il lavoro ed anche lo stipendio, se lo poteva scordare, ma volle dargli un’altra possibilità: «Da domani mattina – disse – vieni in Municipio e comincerai a fare il fattorino, autista alle dirette dipendenze della Segreteria».
Cominciò allora a lavorare come fattorino e usciere. Lo mandavano a destra e a manca , alla posta, in prefettura a Padova a consegnare e ritirare la posta a fare l’autista del Sindaco quando doveva spostarsi in centro per riunioni varie. Ma si presentava malissimo, non sapeva spiegarsi, non sapeva cosa doveva chiedere ed allora negli uffici lo mandavano da un ufficio all’altro facendogli fare spesso la figura del mona. E lui correva sempre da una parte all’altra. Barba lunga, giacca sgualcita, insomma tutto srassonà. Un bel giorno in posta uno lo derise dicendogli: «Ma el Comune de Ponte San Nicoeò te manda in giro in ste condission. No i ga do schei da comprare ‘na giaca! Sul Comune nuovo appena inaugurà no i ga fatto un bagno, ‘na docia pai dipendenti che spussa?».
Appena rientrato sentendosi molto umiliato andò dalla responsabile del personale e le disse : «Mi no vago più in posta perché i me toe in giro. Bisogna che me comprè na divisa. Mi vago dai Sindacati!».
La cosa fece subito il giro degli Uffici ed arrivò anche all’orecchio del Sindaco e del Segretario. Il responsabile del personale fu convocato dal Sindaco, per capire questa storia della divisa e questa riferì che soldi per le divise non ce n’erano perché le divise per il manovale non erano nemmeno previste. Però disse il Segretario una divisa no non possiamo permettercela costa troppo, divisa estiva invernale ecc. è troppo ma vedrete che risolviamo egualmente il problema. Mi è venuta una bella idea!.
Il Segretario convoca subito un rappresentante che vendeva libri, attrezzature per i Comuni, divise e altro e gli chiede: «Avete un berretto da usciere che non costi nulla e che vada bene sia in estate e sia in inverno?».
« Si ! – rispose il rappresentante – ma sono berretti che fanno parte delle apposite divise con lo stemma i fregi ecc. e costano un sacco di soldi! Però ho una cosa che forse fa il caso vostro. Ho in deposito un bel numero di berretti rigidi con il frontino ed il sottogola che servivano un tempo per i bigliettai del tram ma oggi non si usano più perché autobus e tram non hanno più il bigliettaio a bordo. Ci sono rimasti invenduti se vuoi te ne regalo uno. Dimmi la misura e te lo procuro subito, perché questi berretti non li vuole più nessuno”.
Arrivò quindi il berretto da bigliettaio ma lui non lo sapeva, pensava che si trattasse di un berretto fatto apposta per lui. Il Segretario lo convocò gli consegnò il berretto e gli disse d’ora in poi ti voglio vedere sempre con il berretto in testa non ci son più scuse adesso devi lavorare tranquillo e svelto. Lui ringraziò e si mise subito in testa il berretto.
Cominciò allora a presentarsi in portineria del Comune ed ad andare per i vari uffici con il suo bel bareto in testa. Si presentava all’ingresso del Comune come usciere e faceva da ufficio informazioni smistava le varie richieste del pubblico . Purtroppo non sapeva parlare in italiano correttamente e quindi più di qualche volta capiva pan per polenta. Ma quel cappello ogni giorno che passava lo rendeva sempre più orgoglioso di se stesso e del suo lavoro. Un giorno lo salutai e gli feci anche i complimenti per il bel berretto nuovo, che non avevo mai visto prima e mi risposte tutto orgoglioso: «Qua soeo mi porto el capeo!» Quel cappello lo aveva trasformato, anche il pubblico con quel cappello in testa lo rispettava molto di più e nessuno gli faceva sempre la solita domanda: «Mi scusi ma lei chi è ?». Poi magari ridevano dietro le spalle e qualcuno arrivò persino a dire al Sindaco : «Ma non avevate niente di meglio da mettere all’ufficio informazioni di un Comune?». Il nostro factotum aveva anche cominciato a fare da centralinista. Arrivava una telefonata e lui la smistava un po’ a vanvera, ma il tutto sempre più rapidamente.
Temeva il Sindaco ed anche il Segretario Comunale ed allora al loro passaggio li salutava togliendosi el bareto e cercando di aver sempre il bancone in ordine e far vedere che rispettava gli orari .
Dopo i primi burrascosi esordi il nostro manovale cominciò anche a migliorare. La barba incolta cominciò ad essere rasata addirittura tutti i giorni. Le giacche e le camicie progressivamente divennero pulite e stirate. I pochi capelli a posto.
I dipendenti comunali cominciarono sempre più anche a rispettarlo e a dargli compiti sempre più delicati. E lui si sentiva sempre più orgoglioso di essere l’unico dipendente comunale col bareto. Arrivò persino a chiedere alla responsabile del personale se c’erano degli incentivi nella busta paga anche per lui. Il Segretario sentita la cosa gli passò davanti al bancone di ingresso e gli disse: «Pensa a lavorare no agli incentivi!» Xe sempre vero che gato desso te leca e dopo te sgrafa.
Ma ben presto cominciò anche lui a parlare di ferie, di tempo libero, di amicizie ecc. . Si mise anche di grande impegno per cercare di parlare in italiano, ma non sempre ci riusciva perché incappava spesso e non gli venivano le parole ed allora tartagliava, e questo gli dava molto fastidio perché lui voleva essere impeccabile.
Cominciò anche a leggere qualche piccolo libro che si faceva dare dalla biblioteca comunale che spesso visitava come fattorino per qualche commissione che gli avevano ordinato. Ma chiedeva che il libro avesse poche pagine e parole scritte “in grande” perché diceva che le parole piccole lo stancavano moltissimo.
Ormai la raccolta dei cartoni, la barba lunga l’aveva dimenticata ed il tempo libero era molto perché in Comune non si lavorava il sabato, la domenica e tutte le feste comandate.
Il nostro manovale cominciò allora disegnare su carta e poi su tela da autodidatta. Prima iniziò ad usare i colori puri come uscivano dal tubetto, ma poi imparò ben presto a mischiarli. Disegnava in modo ruspante con errori evidenti ma migliorava di quadro in quadro. Addirittura tentò anche di fare dei ritratti, dei paesaggi prima copiati da delle cartoline e poi anche dal vivo.
Anche se qualcuno, come pittore, lo prendeva in giro dicendogli che era meglio lasciar perdere, tuttavia lui si prese le sue rivincite come quella volta che partecipò ad un concorso di pittura e lo vinse non perché il suo dipinto fosse un capolavoro ma perché era più originale degli altri. Le sue case erano disegnate come sospese in aria come piume e sempre o troppo grandi o troppo piccole. Ma lui incurante delle critiche continuò con la sua arte e arrivò anche ad esporre le sue creazioni artistiche tra cui un ritratto di una importantissima dirigente comunale su tela stile impressionismo. Passò da quelle parti il Segretario Comunale vide l’esposizione delle tele e si arrabbiò moltissimo e gli fece togliere tutte quelle croste.
Ma ormai il nostro era lanciatissimo. Riceveva il pubblico, rispondeva al telefono, smistava la posta, sorvegliava gli ingressi, guidava l’auto di servizio sempre con il suo bel bareto in testa.
Dopo anni l’Ufficio del Personale lo dotò anche di una giacca grigia lui ringraziò, ma non fu contento perché invece della giacca avrebbe voluto uno stemma applicato su quel cappello. Uno stemma qualsiasi, una bandiera, un fregio, una patacca qualsiasi perché diceva el bareto senza stema dise poco. In realtà lui temeva sempre di esser poco considerato, mentre quel bareto con quella visiera lucida ed il sottogola in cuoio allacciato sopra la visiera gli aveva dato quella dignità, quel potere che lui non aveva mai avuto.
Venne anche il giorno della pensione e lui se ne andò felice, ma anche un po’ malinconico perché aveva pochi contributi, ma però quel bareto col frontin se lo portò a casa e così si diede completamente all’arte che più gli piaceva diventando anche scultore, ceramista ecc. o per lo meno tentandoci. Chi lo aveva conosciuto all’epoca della raccolta dei cartoni non lo avrebbe più riconosciuto quel bareto lo aveva trasformato per sempre. A volte basta veramente poco per trovare la propria felicità e la propria dignità. Basta on bareto col frontin.
LEONE BARISON
Una risposta.
Bravo Leone! Quadretto originale naif, gradevolissimo, da vero scrittore col…frontin.