Chissà quante volte abbiamo sentito dire, a proposito o a sproposito, nei confronti di qualcuno particolarmente antipatico la brutta espressione:”Quello è un tirapiedi!”, ancora più plastica poi se pronunciata in dialetto:“Queo xe on tirapiè”.
Ebbene, la cosa che mi ha impressionato di più durante una mia recente visita guidata alla Torino magica “nera e bianca” è stato proprio scoprire l’origine di un anche setale epiteto. Dovete sapere che una volta le esecuzioni capitali in piazza erano assai frequenti e molte avvenivano per impiccagione. E dunque, a tale tristo mestiere del boia bisognava pur impiegare qualcuno, un dipendente comunale vero e proprio anche se esecrato da tutti che, come gli altri suoi colleghi, aveva diritto a uno stipendio e ad una abitazione. Di solito, per non farsi riconoscere, il lavoro lo svolgeva da incappucciato ma chi non sapeva chi fosse? E quando nei giorni liberi da tanto penose incombenze passava circospetto rasente ai muri per andare al mercato a comprarsi il pane tutti lo scansavano per la paura e il ribrezzo provocati dalla sua sola presenza. A tal punto che anche il fornaio, che non poteva certo rifiutarsi di vendergli il pane, per manifestargli tutto il suo disprezzo gli consegnava sul bancone la pagnotta rovesciata e pretendeva che le monete del pagamento venissero deposte dentro ad una ciotola piena d’acqua, quasi a lavarle dall’onta del sangue con cui erano state guadagnate. Un giorno il boia, stanco di questo trattamento da “esiliato in casa” si lamentò del fatto col suo diretto superiore il quale emanò una “grida” da far affiggere sulle porte delle fornerie della città che diceva pressapoco così:”Ricordatevi, voi fornai, che il boia va trattato come uno qualsiasi dei vostri clienti se non volete, a vostra volta, diventare clienti suoi!”. Avete capito? Una minaccia vera e propria, e anche non tanto velata. A questo punto i fornai non si arresero ed escogitarono un nuovo stratagemma: inventarono un’altra…pagnotta e la sfornarono squadrata. Come squadrata? Si squadrata, proprio come una grossa pietra, con le facce tutte uguali dai quattro lati, e dunque senza un sopra o un sotto. Insomma, non ci crederete ma era nato il famoso “pan carré” che tutti conosciamo.
Ma tutta questa storia cosa c’entra col tirapiedi? C’entra eccome. Al momento dell’esecuzione capitale il boia saliva sul palco, la cosiddetta forca, e metteva il cappio al collo del condannato, poi apriva una botola sotto i suoi piedi in modo che restasse lì a penzoloni. A questo punto, sempre da sotto, ecco entrare in azione il famoso tirapiedi che si aggrappava letteralmente ai piedi del poveretto tirandolo in giù a più non posso fino alle ginocchia per accelerarne la morte con la rottura dell’osso del collo. Di solito si trattava del figlio dello stesso boia che veniva pure pagato extra per questo dai parenti della vittima, affinché ne fosse accorciata l’agonia. Brrr! Che storie brutte vi sto raccontando ma non lontane dal vero e molto frequenti nei secoli passati, almeno fino al 1889 quando la pena di morte venne abolita in tutto Regno unitario della nuova Italia, e solo reintrodotta da Mussolini nel ventennio fascista dal 1925 al 1945.