Arrivando da Salboro verso Rio si trova una curvona all’ingresso del paese che anticamente si chiamava ponte dei Rocheti che però tutti chiamano “Ponte Porseo”. Non c’è un cartello, non c’è un’indicazione, ma tutta la zona vicina al ponte nel linguaggio comune si chiama Ponte Porseo.
Raccontano, che la località abbia questo strano e non proprio esaltante nome da un fatto storico avvenuto nei pressi del vecchio ponte.
La zona tra Rio e Salboro era prima della grande guerra poverissima ma non così povera come altre zone perché la Parrocchia, ossia il beneficio parrocchiale di Voltabarozzo, aveva venduto quasi tutte le proprietà terriere della Curazia di Rio. All’epoca infatti la Curazia di Rio dipendeva dalla parrocchia di Voltabarozzo e aveva bisogno di entrate e con le vendite aveva creato tutta una serie di piccoli proprietari terrieri che avevano realizzato il sogno di ogni contadino ossia possedere un pezzo di terra. Ed indubbiamente i piccoli proprietari terrieri lavoravano dall’alba al tramonto senza sosta ed anche oltre ma se la passavano decisamente meglio dei mezzadri, dei coloni, dei braccianti, dei famigli e dei dipendenti da qualche famiglia benestante o nobile che proprietari non erano nemmeno di un fazzoletto di terra per fare l’orticello e spesso avevano anche fame.
Nonostante le vendite tuttavia anche il Parroco della nuova Parrocchia di Rio nata dopo il distacco da Voltabarozzo aveva i suoi campi, il suo orto, il suo pollaio con le sue galline ed il tacchino e la stalla con il maialetto. Il un ambiente contadino e molto povero anche il Parroco doveva ovviamente avere il necessario per vivere. Ed il Parroco era anche uno molto stimato molto vicino alla comunità, colto ed era anche colui che combatteva l’ignoranza, insegnava , consigliava, istruiva i giovani , curava il benessere delle anime dei suoi parrocchiani tanto da essere il punto di riferimento della piccola comunità contadina.
Un bel giorno un furbo parrocchiano andò a confessarsi e nel segreto del confessionale disse al Parroco: ” Ho tanto desiderato la roba degli altri che sono stato lì per lì dal prendermi un maialetto” . Ed il Parroco gli rispose : ” Eh !sai non solo il furto è un grave peccato ma anche desiderare la roba degli altri, desiderare di rubare un porseeto ad un altro è un grave peccato”. Rispose il penitente : “Lo so, padre, ma sa la fame è tanta e a casa i raccolti co la guera sono andati male. I omeni no xe casa ed i campi i xé lavorà dae femene e dai tosetti e quindi i racolti i xe magri magri”. Rispose il Parroco : “Eh, Lo so! Ma la roba degli altri bisogna rispettarla lo stesso. Pensa a quali gravi conseguenze potevano succedere dal furto del porseo. Una famiglia con figli piccoli restava senza mangiare per colpa tua! E loro che hanno mantenuto il porseo sono diventati più poveri di te, perchè tu mangi il porseo senza averlo allevato e loro lo hanno allevato e non lo hanno mangiato!” – concluse il parroco. Rispose di nuovo il parrocchiano sembrando molto mortificato. “Lo so, sior Paroco; ma mi el porseo lo voevo portar via da uno che no ga fioi da mantegnere, da uno che poe che sta mejo de mi sicuro e po’ el porseo gera tanto piccoeo e magro che faseva compassion, lo gaveva mantegnuo par poco , no restava nessuno senza magnare el poe star sicuro”.
Il Parroco allora mosso a compassione disse: “Vedi caro figliolo anche la Chiesa ritiene che quello che si commette sotto la pressante necessità di evitare un danno grave a se’ o alla famiglia non sia peccato o sia un peccato molto lieve. E per sentenziare passò al latino dicendogli “ad impossibilia nemo tenetur …”. Ma tu caro figlio devi pentirti di questi propositi sbagliati e vedrai che Dio vede e provvede” . Dirai per penitenza cinque volte l’atto di dolore e cinque ave marie e e con ciò congedò il penitente.
Il giorno dopo la perpetua del Parroco uscì dalla canonica di buon mattino ed andò nell’orto, raccolse la verdura e la mise in due cesti. Quella bella in un cesto ed alcune zucche andate a male ed un po di cipolle andate “in canon” le mise in un altro cesto ed andò a portarle nella stalla del maiale che confinava con l’orto. Entrò nel recinto, trovò la sgangherata porta della staeta del porseo mezza aperta , guardò meglio dentro alla piccolissima stalla ma del porseo nemmeno l’ombra. Guardò bene allora la recinzione fatta di legno e canne se vedeva dei buchi , se il maialetto fosse scappato… ma nulla di nulla….. . Allora concluse che lo avevano rubato durante la notte.
Andò allora dal parroco e gli disse che durante la notte avevano rubato il suo porseo.
In quel preciso istante ricordandosi delle domande fatte dall’ignoto penitente capì che el porseo che aveva così indotto in tentazione il povero parrocchiano era il suo e che le tentazioni erano comunque continuate anche dopo la confessione e si arrabbiò moltissimo perchè si sentì un alquanto preso in giro dall’astuto penitente che aveva cercato di ottenere una specie di assoluzione preventiva. Ma era anche tenuto al segreto del confessionale e quindi in pubblico diceva e non diceva.
Fatto sta che la notizia del furto del porseo del prete in un baleno fece il giro del paese e la notizia colpì con la forza di un pugno tutti i parrocchiani. Mai avrebbero pensato che vi fossero persone così malvagie da andare a rubare il maiale del prete il punto di riferimento di tutto il paese.
Il Parroco tuttavia anche in questa sgradevole circostanza non venne meno al suo ruolo. Disse durante l’omelia domenicale che anche San Antonio del fogo patrono della chiesa parrocchiale aveva il suo maialetto. “Guardatelo lì su quel quadro S .Antonio nel deserto con gli animali tra cui il maialetto” disse alla fine della messa . Poi sfoderò tutta la sua preparazione e la sua oratoria dicendo nella predica delle tre messe domenicali che non si va ad imbrogliare nel confessionale ed i parrocchiani non capivano con chi ce l’avesse ma poi aggiungeva che chi gli aveva rubato il porseo si sarebbe bruciato le mani e ben presto sarebbe stato riconosciuto.
Un po’ per l’impeto del Parroco che mai avrebbe immaginato un furto ai suoi danni ed un po’ per la coesione del paese dimostrata nella vicenda fatto sta che tre giorni dopo il misfatto il misero porseo fu trovato al mattino presto legato ad una tapara posta sul ponte. La notizia fece in un lampo il giro del paese ed il campanaro si precipitò a prendere il porseo con la corda e portarlo nella sua stalletta vicino all’orto della canonica. Passando per la strada la gente si fermava, usciva dalle case per salutare l’evento.
Da quel giorno il ponte dei Rocheti si chiamò ponte porseo ed una antica famiglia che abitava una casa patriarcale posta nei pressi, di cognome Moro, si cominciò a chiamare Rocheto e al plurale Rocheti perchè erano veramente tanti.
Il ponte del porseo, il ponte dove è stato trovato el porseo è diventato nel tempo per abbreviazione e sincope retorica «Ponte porseo».