(anzi no, Giovanni da Padova)
Chi era costui? Direte voi, come don Abbondio nell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi a proposito di Carneade. Con un cognome così sembrerebbe che un tal Giovanni da Castro fosse nato nell’antico ducato di Castro, nel viterbese, invece si tratta solo di un appellativo affibbiato al padre Paolo, celebre giurista, professore di diritto nell’ateneo patavino, lui sì nativo di Castro ma che, in realtà, di cognome faceva Paolo Serangeli (Ser Angelis).
Tutta questa lunga premessa per dirvi che il figlio Giovanni nacque e visse a Padova agli inizi del ‘400 e qui sposò Bianca, della nobile famiglia cittadina dei Capodilista, dalla quale ebbe un figlio di nome Gianfrancesco. Ma perché tanto interesse verso questo nostro concittadino? Mi direte. Perché, a metà del ‘400 egli fu il primo a scoprire l’allume di rocca in Italia, un tipo di sale minerale indispensabile per l’industria tessile, di cui racconteremo. E, sempre a Padova, abitava pure il fratello maggiore, Angelo, che continuò gli studi di diritto come il padre, si laureò in utroque jure nella nostra università dove anch’egli ebbe una cattedra come il padre che mantenne per ben 40 anni. E, curiosità nelle curiosità, pure il monumento funebre di questa famiglia si trova nella nostra città, esattamente nella chiesa dei Servi in via Roma. sopra la porta della sacrestia. Il bassorilievo in bronzo viene attribuito nientemeno che ad Andrea Briosco, detto il Riccio, lo stesso che ha realizzato lo stupendo candelabro (Il più grande del mondo), posto alla sinistra dell’altare maggiore nella basilica del Santo.
Ma che cos’è e cosa ha di tanto importante questo allume di rocca di cui Giovanni da Castro sarebbe stato lo scopritore e perché si chiama così?
Partiamo dall’ultima domanda. Si chiama così perché è un composto di alluminio e potassio che si presenta come un sale roccioso estratto da apposite cave. Ha una valenza di impieghi incredibile e anche oggi viene usato sia in farmacia che in cosmetica, come disinfettante, antibatterico, deodorante, astringente ed emostatico, ma nell’antichità e nel Medio Evo era usato principalmente nell’artigianato per fissare i colori nella tintura della lana e dei tessuti, oltre che nella lavorazione della carta e delle pelli.
Essendo importato soprattutto dalla Turchia, quando Costantinopoli cadde nel 1453 per mano degli Ottomani il monopolio di questo minerale divenne loro esclusiva in tutto il Mediterraneo, con grave danno per le economie occidentali, un po’ come fu per il petrolio durante la guerra del Golfo del 1990.
Per farla breve Giovanni da Castro, che in Turchia e a Costantinopoli c’era stato a lungo e aveva visto come e dove l’allume veniva estratto, da buon osservatore qual era aveva anche notato che su quei terreni rocciosi e incolti dove si scavava cresceva sempre una pianta particolare, l’agrifoglio. Sì, proprio quello natalizio per intenderci, detto anche aquifoglio, alloro spinoso o più comunemente pungitopo, in quanto i contadini erano soliti metterlo ai piedi degli alberi da frutto per proteggerli dai roditori.
Un bel giorno il nostro Giovanni, tornato in patria, mentre passeggiava sui monti della Tolfa cari a suo padre in quel di Corneto (oggi Tarquinia) si accorse della presenza infestante di questa pianta dalle bacche rosse come il fuoco ed ebbe la felice intuizione di far scavare tra i sassi: si trattava proprio di ottimo allume di rocca! In un baleno il successo fu strepitoso. Sul posto sorse addirittura dal nulla un paese di minatori chiamato Allumiere, il monopolio turco era spezzato anzi, poiché quei territori facevano parte dello Stato Pontificio, il commercio dell’allume divenne monopolio papale con grandissimi guadagni: si parlò di ben 90 mila scudi d’oro in un solo anno, secondo le cronache dell’epoca! E lo stesso fu per Giovanni che si arricchì moltissimo e il Papa di allora Pio V, per ricompensarlo degnamente della favolosa scoperta, gli fece persino erigere una statua nella piazza maggiore di Castro.
Qui da noi non mi risulta, fino ad oggi, che a nessuno della famiglia dei Da Castro sia stato intitolato un sia pur minimo spazio pubblico, neppure a Giovanni che, come abbiamo visto, ebbe un rilievo non da poco nell’individuare sui monti della Tolfa, nel viterbese, questo giacimento di allume talmente importante e prezioso da rendere le industrie tessili italiane ed europee indipendenti per secoli dalla egemonia turca.
E allora: