Giovanni nacque a Sasso piccola frazione del comune di Asiago nel 1886. Povertà e miseria di quei tempi costringeva la gente della contrada ad emigrare. I genitori di Giovanni andavano a far carbone in Austria o Germania. Erano anni assai duri segnati dalla fatica del quotidiano. Ma il ragazzo aiutato anche dal curato di Sasso riuscì a studiare fino a ottenere il diploma di maestro elementare.
Entrò in seminario a 16 anni e fu consacrato sacerdote nel 1912. Nel 1915 quando scoppiò la guerra fu richiamato e inviato al fronte.
Nel maggio 1915 quando l’Italia entra in guerra contro l’Austria don Rossi viene chiamato alle armi e destinato col grado di sergente alla Quinta Compagnia di Sanità. L’11 maggio 1916 come cappellano militare viene assegnato al 1° Reggimento Granatieri di Sardegna e inviato in prima linea. Con i granatieri condivide sofferenze e rischi prima sul settore occidentale e in particolare sul monte Cengio e poi sul fronte carsico. Egli stesso ci ha lasciato l’elenco dei combattimenti ai quali prese parte:
«Partecipai – scrive – alla battaglia del Cengio famoso dal 24 maggio al 4 giugno 1916; alla presa del monte San Michele del Carso nei giorni dal 9 al 12 agosto dello stesso anno. Alle azioni di Quota 212 Vallone di Doberdò, Nad Logem, Welick, Kribak, Oppacchiasella. Alle disastrose lotte di Quota 241 e 219 sopra Lauriano di fronte l’infausta Hermada ed il Querceto nel maggio 1917 dove meritai la medaglia d’argento al valore militare.»
La spietatezza degli assalti, la morte violenta di migliaia di giovani uomini, il dolore delle madri e dei padri, saranno sempre presenti nella sua memoria. Per tutta la vita don Rossi resterà legatissimo ai granatieri che amava più della sua famiglia; è tra i fondatori dell’Associazione Granatieri di Padova. Con i granatieri superstiti condivide il ricordo della guerra tornando infinite volte sui luoghi dei più aspri combattimenti, specie sul monte Cengio. E proprio là, nella cappellina del Cengio, zona sacra alla Patria, volle che il suo altarino da campo, che la madre di un giovane caduto gli aveva donato, fosse conservato.
Il cappellano militare don Rossi riceve posta da ogni parte d’Italia. Sono lettere di una forza evocativa straordinaria che riportano direttamente dentro la guerra. Scritti in cui si chiedono notizie di un soldati morti, feriti, dispersi, prigionieri, per i quali si teme, si patisce e si spera.
Da maggio 1916 al 31 ottobre 1917 fu cappellano militare del Primo Reggimento Granatieri di Sardegna. Lo troviamo al fronte nelle vicinanze del paese natio il “Monte Cengio” una delle zone dove l’urto dell’offensiva austriaca di primavera del 1916 venne fermata e dove i Granatieri di Sardegna si sono battuti eroicamente senza tregua. I Granatieri vengono in seguito spostati sul Carso, anche qui aspre battaglie con centinaia di migliaia di caduti da entrambe le parti. A quota 235 di fronte all’Hermada dopo 12 giorni si sanguinosi combattimenti dal 23 maggio al 5 giugno 1917, per il suo operato e dedizione viene conferita a don Giovanni la medaglia d’argento. Viene fatto prigioniero nei pressi di Codroipo il 31 ottobre 1917 e passerà 12 mesi in Ungheria “in una lotta continua mortale più aspra di un combattimento”, così scrive nel suo diario.
Il 6 ottobre 1925 don Giovanni Rossi su un camion traballante lascia l’altopiano di Asiago diretto a Roncajette di Ponte San Nicolò, a qualche chilometro da Padova. Ha 39 anni e non può certo immaginare che in quel paese appartato sorto tanti secoli prima sulle rive del Bacchiglione, trascorrerà il resto della vita impegnato in un’intensa attività pastorale. Rossi è un montanaro, è nato infatti ad Asiago, in contrada Sasso, il 1° luglio 1886 da una famiglia di carbonai. Ha alle spalle un’infanzia faticosa segnata dalla povertà e dall’emigrazione, una giovinezza trascorsa in seminario prima come studente e poi come vice rettore, gli anni terribili della guerra e della prigionia. Nel camion che lo conduce in pianura trasporta, tra le sue povere cose, il diploma di maestro elementare e la medaglia d’argento al valor militare che donerà alla Madonna di Roncajette. Dentro al cuore, tra gli affetti più cari, porta il ricordo vivissimo dei Granatieri di Sardegna, con i quali, come cappellano militare aveva condiviso l’esperienza drammatica della vita al fronte.
Don Rossi muore il 7 gennaio 1967. Ai funerali partecipano, oltre tutta la comunità di Roncajette, sacerdoti e cappellani militari, autorità, ex combattenti ed ex granatieri. Un picchetto armato scorta la bara fino al cimitero del paese dove gli viene riservato un ultimo omaggio. Nel 1997, gli viene dedicata a Roncajette una piazza e un semplice monumento. Un semplice manufatto di pietra, che vuole ricordare un prete la cui vita continua ad essere significativa. Perchè la nostra storia è fatta anche di tante storie scritte da gente comune, da uomini apparentemente qualunque; persone che non moriranno mai davvero finchè avremo desideriamo di ascoltare e raccontare le loro storie.
Daniela Borgato